Inaugurazione targa dedicata ai sindacalisti vittime delle mafie.

Riportiamo con piacere l’intervento di Giuseppina Latella (già Procuratore della Repubblica presso il Tribunale dei Minorenni di Reggio Calabria) in occasione dell’inaugurazione targa dedicata ai sindacalisti vittime delle mafie presso la sede della Cgil di Parma il 30 Aprile 2025.

Ringrazio tutti per l’invito a partecipare a questo momento di intenso valore civile.

Quando vengo invitata e poi partecipo a cerimonie ufficiali, io mi domando sempre se sono “nel posto giusto”, dalla “parte giusta” ed oggi posso affermare con certezza di stare dalla “parte giusta” perché oggi facciamo memoria di quei sindacalisti che, avendo deciso di stare dalla parte della legalità contro i soprusi di chi sfrutta il lavoro altrui, hanno pagato tale decisione con il prezzo della loro vita.

La più grande sciagura che possa colpire un popolo è dimenticare la sua storia cioè far cadere nell’oblio nomi, volti, fatti di grande valore umano e civile che riescano a sollecitare la sensibilità e la coscienza di tutta la collettività civile.

Viviamo in una nazione che può vantare grandi eroi, geni artistici e scientifici che tutto il mondo ci invidia, eppure non possiamo dimenticare e non dobbiamo dimenticare che nella nostra terra italiana vive anche una realtà criminale ormai diffusa a livello nazionale.

Non c’è più soltanto il sud a dolersi della presenza delle associazioni criminali (mafia, camorra, ‘ndrangheta, sacra corona unita) che sfruttano il lavoro degli altri in quanto queste ultime hanno esteso la loro attività delittuosa su tutto il territorio nazionale.

Ormai, laddove c’è la possibilità di guadagno attraverso l’illecita intromissione in attività economiche redditizie, le organizzazioni mafiose fanno sentire la loro presenza e chi si oppone a questo fenomeno di parassitismo disumano, rischia la vita e a volte ci rimette la vita.

Dopo quasi quarant’anni di lavoro in magistratura, in prevalenza nelle terre del Sud d’Italia, posso affermare che le organizzazioni mafiose sono ancora pienamente attive e continuano ad operare proficuamente su tutto il territorio nazionale.

Riscontrare nei processi penali la presenza di imputati con il medesimo cognome nel corso di decenni e decenni, avere oggi nelle aule di giustizia i nipoti (cioè la terza generazione) di soggetti arrestati alla fine degli anni ottanta, genera l’amara riflessione che la lotta alla mafia deve continuare più tenacemente e più responsabilmente di prima.

Quando parlo di responsabilità mi riferisco non soltanto alle Forze dell’Ordine, alle istituzioni che per scelta lavorativa sono preposti alla tutela della legalità, ma anche a tutta la collettività, ai giovani soprattutto, che devono sentire dentro la loro coscienza un forte sentimento di partecipazione sociale a tale battaglia.

I sindacalisti che oggi ricordiamo sono stati uccisi dalla mafia semplicemente perchè si erano schierati dalla parte della legalità, hanno difeso il lavoro, i lavoratori dalla prepotenza mafiosa, compiendo un atto eroico che non può essere dimenticato.

La lotta del mondo del lavoro per l’emancipazione dalle ingiustizie e dai soprusi ha concorso a rendere possibile la democrazia di cui oggi tutti noi possiamo beneficiare.

I sindacalisti hanno messo il dito nella piaga creatasi dall’intreccio tra potere politico, mondo dell’imprenditoria e criminalità organizzata, pagando con la vita.

Oggi le mafie non si limitano soltanto allo sfruttamento dei braccianti agricoli, esse estendono le loro insidiose mani in tutte le realtà economiche redditizie del nostro Paese.

Certamente dalle mie parti (Calabria) il caporalato è un fenomeno devastante perché non solo è figlio del potere di sopraffazione delle organizzazioni criminali ma è, altresì, indice di un razzismo diffuso che sfrutta gli stranieri che giungono nella nostra terra, ritenendoli inferiori e cioè escludendo a priori che essi possano vantare dei diritti come tutti gli altri lavoratori.

Ritenere che i lavoratori dei campi non possano e non debbano avanzare richieste di riconoscimento dei loro diritti, costituisce l’essenza dell’illegalità del mondo del caporalato.

Il caporalato è un sistema illecito di intermediazione e sfruttamento del lavoro da parte di intermediari illegali (i caporali) che arruolano la manodopera, come definito dall’art. 603 del codice penale, introdotto con la legge n. 148 del 14.09.2011 e successivamente integrato con altri interventi normativi.

La violazione delle norme sull’orario del lavoro, sull’equa retribuzione, sul pagamento dei contributi previdenziali, sul diritto alle ferie, sulla sicurezza nei luoghi di lavoro costituiscono le caratteristiche peculiari di tale fenomeno, approfittando soprattutto delle condizioni di bisogno e dello stato di vulnerabilità dei lavoratori.

Molto c’è ancora da fare se vogliamo dare dignità ad ogni lavoratore e se vogliamo soprattutto scongiurare il rischio di aggiungere altri nomi all’elenco dei sindacalisti che oggi abbiano ricordato quali soggetti impegnati in prima linea contro la violazione dei diritti riscontrati nel mondo del lavoro; lavoro che viene così a costituire fonte di ricchezza per pochi e perdita di dignità e della vita (in alcuni casi) per molti altri.

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